Anche la morte ascolta il Jazz. La mia lettura per Book in the MailBox

Vi ricordate che vi avevo parlato, qualche tempo va dell'iniziativa di Alex  Book in the MailBox?
Ebbene ci eravamo lasciati dicendo che avrei partecipato anche io alla lettura di uno dei romanzi.
Ora sono qui, dopo aver letto Anche la morte ascolta il jazz di Valeria Biuso, a raccontarvi la mia esperienza.
Vi dico subito che è stata una bellissima esperienza, che mi sono divertita molto e che è uscito fuori anche il mio spirito creativo.
Ma andiamo con ordine.

Prima di tutto il libro che è arrivato in casa mia allegato a un bel quaderno.
Ho deciso di scegliere di leggere Anche la morte ascolta il jazz senza prima leggerne la trama. Mi piaceva l'idea che come sottofondo alla storia ci potessero essere le note della musica jazz. E in effetti la scelta è stata vincente.
Il libro è ambientato nella New York della fine degli anni quaranta del novecento e ha come protagonista William Brooks, giovane scrittore alla ricerca di ispirazione. Will ci porta in una New York fatta di eccessi, di droghe e alcool.
Nel mezzo c'è lui che cerca di trovare la sua strada.
L'incontro decisivo per Will è quello con Noah Tats, insolita figura solitaria che appare nei momenti di crisi profonda del protagonista e che cerca di instradarlo verso la scrittura e lo incita affinché Will finisca di scrivere il suo romanzo.
Io mi fermo qui, non vi racconto altro perché leggere questo libro vuol dire immergersi in una altra diomensione, fare un tuffo in una altra epoca e scoprire, pagina dopo pagina, una New York che non esiste più.
Poiché sono una persona curiosa non potevo fermarmi alla lettura del libro senza poter conoscere anche l'autrice.
Così le ho mandato un messaggio e le ho chiesto se le avrebbe fatto piacere rispondere a qualche mia domanda.
Ringrazio Valeria per la disponibilità e vi lascio alla lettura delle sue risposte alle mie domande. 

Come si diventa scrittrice e perché? C’è un’immagine nella tua memoria che ricollega al momento in cui ha deciso di voler diventare scrittrice?
Non posso dare una risposta generica, ma posso confessare che per me è stata un'agnizione, una presa di coscienza. Ero un'adolescente e l'unica cosa di cui potevo vantare certezza era quella che sarei stata una scrittrice, che mi sarei «fatta» tale. Leggevo le «Lettere del veggente» di Rimbaud in cui affermava di voler essere poeta e di lavorare per rendersi veggente così da catturare l'Ignoto tramite un «dérèglement de tous les sens». Certo, all'epoca non avrei saputo spiegarmi l'oggettivazione dell'io, la sua doppiezza, la crisi del soggetto lirico e l'universalismo, ma anch'io volevo dare la caccia a quell'Inconnu, anch'io volevo essere tutti e sbirciare sotto al velo delle cose.

Quali sono i tuoi modelli letterari? In pratica, cosa ti piace leggere?
Il mio amore per la letteratura e per la scrittura è nato in maniera anomala: ho iniziato appassionandomi di poesia e solo successivamente sono approdata ai romanzi. Tra i miei modelli e maestri annovero i poeti francesi di fine '800 e gli scrittori della Beat Generation americani, tutti riuniti in un connubio lisergico tra Rimbaud, Verlaine, Baudelaire e Kerouac, Ginsberg e Burroughs. Amo molto i classici di ogni epoca e di ogni genere, da Euripide a De Sade, ma apprezzo anche la narrativa contemporanea e la saggistica.

Quale è il tuo lettore ideale?
Un lettore famelico, eccentrico, onnivoro, ma selettivo.

Come sottofondo del tuo libro c’è il jazz? Come mai? Cosa ti piace di questo tipo di musica e cosa invece non ti piace?
Assolutamente sì. È il Bebop con i suoi ritmi veloci, i virtuosismi e gli assoli intricati a muovere i fili e fare insieme da sfondo alla vicenda.
Il bop era considerato un vero e proprio prodotto artistico e non una musica d’intrattenimento, andava oltre: era una rivoluzione sociale, una filosofia, un movimento.
Mi piace perché è una commistione pura di libertà e talento, un grido armonico e destrutturante. Non riesco a trovare dei difetti!

Quale è il filo creativo che segui? Viene prima la storia o vengono prima i personaggi?
Credo che storia e personaggi arrivino insieme, delineandosi in contemporanea e influenzandosi
vicendevolmente. Mi è stato chiesto più volte perché non abbia ambientato il romanzo in Italia: ebbene, Will, il protagonista, non sarebbe più stato Will e forse neanch'io sarei stata la stessa.

Se potessi scegliere solo tre libri da consigliarmi, quali sarebbero?
Viaggio al termine della notte di Céline, Americana di De Lillo, Diario di rondine di Nothomb.

Come mai la scelta di ambientare il tuo romanzo nell’America della fine degli anni ’40?
È un periodo che m'incuriosisce, un momento topico, antitetico, in bilico tra stasi e frenesia.
Vengono piantati i germi della rivoluzione giovanile, gli stessi che sbocceranno tra anni '60 e anni '70. Si anela il cambiamento, ma nessuno è sicuro di volerlo davvero, né di avere gli strumenti adatti.
La sfida all'immobilismo e all'incomunicabilità, la frammentazione dell'ego, la disillusione che s'inabissa nel nichilismo: sono questi i movimenti che contraddistinguono la controcultura giovanile dell'epoca, l'eredità vibrante della nostra contemporaneità.

Più che il protagonista, a me del tuo libro interessa la figura dell’antagonista... chi è, o per meglio dire, cosa rappresenta Noah Tats?
Trovo molto interessante che tu lo definisca un antagonista, per me è un mentore, un pungolo, anzi, per citare la prima persona che ha letto il romanzo, «un grillo parlante con un twist macabro».
C'è un leitmotiv nascosto tra le righe del testo che strizza l’occhio alla concezione, un po’ satirica e un po’annichilente, della morte come unica garante di status intellettuale e termine ultimo del processo creativo.
Vorrei poter dire che si tratta di una moda tutta odierna, ma mentirei. Come Lovecraft e Poe, pure
Dickinson, Kafka e troppi altri ancora, ci hanno insegnato, la parola “postumo” diventa alle volte parte del riconoscimento artistico. Noah è tutto, ma è anche niente, una variabile e un punto fisso. È il memento mori, la porta dell'infinito e la misura della finitezza, o, in altre parole, il sostrato dell'arte.

Ho letto un po’ di recensioni che hanno lasciato i lettori sul tuo libro. C’è chi definisce il tuo romanzo un “gotico contemporaneo” tu come lo definiresti?
Un resoconto esistenzialista dell'irrequietezza, una parabola disincantata della gioventù.

Che cosa è per te la creatività?
Il soffio demiurgico che legittima la vita e la palingenesi che ci rende divini.

E ora, per ultimo, vi racconto come ho dato sfogo alla mia fantasia.
Ogni libro ha bisogno del suo segnalibro. Questo per me è un assunto fondamentale. Non inizio a leggere prima di aver trovato il segnalibro perfetto.
Questa volta ho deciso di costruirmelo da sola.
Ho incollato il segnalibro su una pagina del quaderno sulla quale ho riportato anche una citazione del libro.
Ora quaderno e libro sono in viaggio verso un nuovo lettore al quale spero che il libro piaccia tanto quanto è piaciuto a me ... e magari anche un po' di più.

Commenti

  1. Ciao, no scoperto il tuo blog (a cui mi sono iscritta ora), proprio grazie a Books in the mail box; ottima recensione e bell'iniziativa l'intervista! Se ti va di ricambiare il follow al blog, il mio é: ioamoilibrieleserietv.blogspot.com

    Grazie

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  2. Ciao Benedetta, benvenuta! ti vengo subito a trovare.

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  3. Brava Barbi, bella intervista e interessante il libro.
    L'iniziativa, come ti avevo già scritto, è davvero notevole. Mi spiace essermela persa.

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    1. Fede l'iniziativa verrà riproposta in autunno. Ti faccio sapere quando ;)

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