Nella rete di Indra di Gerardo Rosato


Io Gerardo Rosato l’ho praticamente rincorso, senza per altro raggiungerlo, per mezza Italia.
Mi è sfuggito di un soffio a Torino e per poco mi è sfuggito anche a Roma.  Per fortuna che esistono le mail e sono riuscita comunque a contattarlo.
A Paratissima sono rimasta impigliata e affascinata dalla Rete di Indra: enorme installazione in ferro, che ha trasmesso, a me che la guardavo, forza, precarietà e fragilità.

Quella della Rete di Indra è una metafora molto antica tramandataci dalla tradizione buddhista e contiene una verità fondamentale, per capire cos’è la vita e il nostro rapporto col mondo: l’interdipendenza di tutte le cose.
Siamo legati gli uni agli altri da legami indissolubili, che si estendono a tutti gli altri esseri e a ogni elemento dell’universo.
 Così l’incontro con Gerardo è stato solo via mail, ma devo dire che ne è valsa comunque la pena.

 Cosa è per te creare?
Direi tutto! Butto tutto me stesso nelle mie opere, per dare un messaggio.

Quale è stato il tuo percorso artistico?
La mia carriera artistica è iniziata nel 2001 con la prima mostra monografica dedicatami a Torino: Visioni urbane.
La svolta è arrivata con il mio primo curatore Domenico La Grotteria, che mi ha aperto un mondo a me completamente sconosciuto.
Da quel momento ho cominciato a comunicare attraverso le mie installazioni, esponendo al Museo delle Scienze di Torino, al MACRO Testaccio di Roma, al Manicomio di Collegno - Torino, al Chiostro di Santa Maria Maggiore a Firenze, all’ex Chiesa di San Vittore a Vercelli, a Paratissima Torino, Lisbona e Skopje. 

Hai dei modelli ai quali ti sei ispirato?
Guardando foto, girando per mostre, prendo ispirazione un po’ da tutti, ma non seguo nessun modello.


La resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Come nascono i resilienti?
Nascono superando un trauma fortissimo, vincendo sulla resilienza per affrontare la vita da persona di ferro. Nascono intrappolati nella rete di Indra e con un enorme sforzo cercano di liberarsi.

Sabbia, metallo, filo di ferro: con quale materiale riesci a lavorare meglio e con quale materiale riesci meglio a rappresentare la tua idea di arte e perché?Sabbia, metallo e filo di ferro sono tre materiali che uso quotidianamente nella fonderia dove lavoro.
Per le mie installazioni recupero gli scarti della lavorazione.
Lavoro meglio con la sabbia, in blocchi si modella con le lime e le frese.

Il fil di ferro è, invece, il materiale che utilizzo in prevalenza per realizzare le figure umane, che così sembrano fatte da una matita invisibile...

Eri a Paratissima con la Rete di Indra.
Cosa rappresenta questa rete? Quale è il messaggio di quest'opera?


Nel cielo di Indra esiste una rete di perle disposta in modo tale che, osservandone una, si vedono tutte le altre riflesse in essa.
Allo stesso modo ogni oggetto nel mondo non è semplicemente se stesso, ma contiene ogni altro oggetto e, in effetti, è ogni altra cosa.
Nella mia installazione le perle diventano gocce con all'interno i resilienti che colano giù dalla rete.
Le gocce sono trasparenti e da ognuna puoi vedere i resilienti che lottano per liberarsi dalla rete.
Il messaggio è che siamo tutti uguali davanti a un trauma e bisogna mettere tutta la forza che abbiamo per uscire dalla goccia.
Bisogna essere una persona di ferro per farcela.

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre le tue opere e perché? In fabbriche dismesse o luoghi di degrado urbani, per far sì che per un attimo tutto sembri fuori luogo e incredibile.

Umberto Saba affermava L'opera d'arte è sempre una confessione. Quanto c'è di te nelle tue opere?
Le mie opere escono da me, le partorisco... c'è tutto di me in ognuna di loro.
 
Cosa pensi del mercato dell'arte? Quali sono secondo te i limiti e quali, invece, le potenzialità?
Il mercato dell'arte, quello che conta, va avanti nonostante la crisi, non ci sono più limiti.
Le potenzialità ci sono, tanti artisti non dormono la notte per emergere, portano avanti progetti e ce la fanno come i resilienti!
Un’utopia forse...

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