Il fascino dei gioielli senza tempo di Glimoire


Da lasciarci gli occhi sui gioielli di Glimoire. Senza dubbio alcuno e senza mezzi termini.
Poi per una come me, appassionata di oggetti d'epoca, è impossibile rimanere indifferente!

Non mi dite che non avete mai provato a smontare o a rimontare una vecchia sveglia, perché ho qualche difficoltà a crederlo.
E non mi dite neanche che non solo le avete smontate, ma che non rimontarle tutti i pezzi sono andati al loro posto e a voi non è avanzato mai neanche un ingranaggio, perché io non credo neanche a questa ultima cosa.

Certo che però pensare che degli ingranaggi, dei pezzi rotti, possano diventare dei gioielli, è veramente una cosa straordinaria che va molto al di là della mia immaginazione.
Questo, però, è quello che fa Glimoire: recupera, restaura e reinterpreta oggetti dimenticati oggetti d'altri tempi rendendoli attuali e moderni.

La cornice nella quale lo abbiamo incontrato è la stessa dell'incontro con Malakapa, il mercato comincia a popolarsi di visitatori,  Fabiola ed io cominciamo a sciogliere un po' il ghiaccio con gli artigiani.

Quella con Glimoire è stata senza dubbio una piacevole chiacchierata.

Quando hai scoperto di avere la passione per gli oggetti d'epoca?
E' una passione che pesca dal passato. Da bambino amavo girovagare per le campagne alla ricerca di vecchi casolari abbandonati. Oppure frugare nei cassetti di mia nonna, trafugando strani oggetti con cui giocare. Le "cose vissute" per me possiedono un fascino irresistibile, il fascino delle storie interrotte...


Bella questa immagine delle "storie interrotte"...
Si, rende l'idea. I vecchi oggetti, le cose d'epoca, richiamano storie tutte da raccontare. Io ho iniziato recentemente a farlo attraverso queste creazioni. Sono cinque o sei anni che lavoro sui miei "gioielli d'altri tempi". In passato ho avuto un periodo in cui mi sono dedicato alla fotografia.

Cosa fotografavi?
Vecchi oggetti, vecchie fabbriche... poi un po' per gioco ho iniziato a smontare dei vecchi orologi e da lì è scattato qualcosa.
Le meccaniche degli orologi sono diventate la mia base di ricerca: le smonto e le riuso in tutti i modi che mi vengono in mente, combinandole con materiali diversi e sperimentando tecniche di lavorazione differenti.


Vedo che oltre agli orologi utilizzi anche altri oggetti d'epoca...
Si, oggetti che hanno una storia, vecchie serrature, tasti di macchine da scrivere anni '20...
Amo gli oggetti di uso quotidiano, credo che il fascino gli sia conferito proprio da quell'usura quotidiana della vita. Io li riutilizzo cercando di valorizzare la loro funzione estetica insieme all'aspetto simbolico. Utilizzo solo oggetti non recuperabili nella loro funzione originaria o parti di essi. Sono molto attento in questo perché sono anche un collezionista, quindi un oggetto che funziona o che in sè mantiene un valore estetico non lo tocco.

Artista del riuso e anche collezionista?
Si, colleziono. Macchine da scrivere, ad esempio.
Collezionare e riutilizzare sono piaceri diversi. Godimento estetico e appagamento ludico.
Da una parte c'è la voglia di far tesoro dell'anima del passato e dall'altra la voglia di ridefinirlo e trasformarlo in qualcosa che abbia senso qui e ora.
Ci sono oggetti che hanno una bellezza innata e un loro linguaggio. Un tasto di una macchina da scrivere, un pennino antico, già guardandoli ti mettono in connessione con il passato.

Da cosa ti lasci ispirare quando crei?
Quando scelgo di modificare un oggetto, sono attratto principalmente dalle sue linee. Se la scelta cade su un quadrante di un orologio, ad esempio, cerco nelle sue linee un senso nuovo. Magari mi fa pensare alla forma di un volto e a quel punto il quadrante viene svincolato dal concetto di orologio e per me diventa altro.

I pennini mi consentono invece di ottenere degli oggetti molto minimalisti, amo le loro linee essenziali.



Un passato che torna e parla al futuro attraverso il linguaggio dell'artigianato?
Si, esatto. Credo che in fondo, qualunque sia la direzione che si prende nella vita, questa direzione sia indissolubilmente legata al passato d'ognuno, un passato che continua a raccontarci chi siamo.

Che cos'è per te la creatività?
Prima di tutto un gioco. Un gioco cui si associa lo sforzo e la sfida del riuscire a creare... ma se c'è passione, anche questo fa parte del gioco. Creare è affascinante per questo.

Quanto ti lasci contaminare dalle mode?
Per niente. Ma sono molto attento alle richieste, infatti mi piace molto lavorare su commissione. Andare alla ricerca del compromesso tra due visioni, la mia e quella del cliente che richiede un oggetto particolare. Trovo questa interazione molto stimolante. Occorre cercare il modo di fondere il significato che il cliente chiede di racchiudere in un oggetto, con quello che è il mio stile, con i materiali con cui lavoro... E' un lavoro di interpretazione. E' importante che il prodotto piaccia al cliente ma è fondamentale che piaccia a me per primo.

C'è qualche artista a cui ti ispiri?
Le influenze arrivano da tutto, dal confronto continuo con gli altri, dalle cose, dalle sensazioni.
Poi credo che non si inventi nulla. Tutto quello che una persona fa o dice è sempre una sintesi di quello che ha preso, che ha assorbito ovunque. Noi siamo un riassunto di ciò che viviamo, un riassunto che però deve cercare e mantenere una propria unicità da restituire all'esterno e in cui identificarsi.

Cosa ti piace di più del tuo essere artigiano?
(sorride...) Il piacere assoluto sta nel fare.


Post scritto in collaborazione con Fabiola Di Girolamo


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